La storia di un gusto

Le origini

Non si può risalire a una data precisa, ma è certo che la produzione di salame è strettamente legata, fin da epoca romana, alla forte presenza di allevamenti suini in Pianura Padana.

L’allevamento dei suini e la commercializzazione dei prodotti derivati dalla macellazione degli stessi doveva aver assunto un ruolo centrale nell’economia rurale dell’epoca e nella vita quotidiana delle comunità locali: il fatto è testimoniato da numerose decorazioni di codici raffiguranti scene inerenti all’allevamento dei suini e alla mattanza dei mesi autunnali.

La facciata della Cattedrale di Cremona ospita un chiaro riferimento: nel fregio che corre sotto la tribuna del protiro si trovano le lastre dei Mesi, di un maestro antelamico dell’inizio del XIII secolo, la cui iconografia rimanda a quella del ciclo del battistero di Parma.

In una di queste tavole, riferita al mese di novembre, è rappresentata la scena dell’uccisione del maiale – scena non presente a Parma, sostituita con una meno macabra – a testimonianza dell’importanza quasi rituale e simbolica che la pratica assumeva presso la società del tempo, in grado di scandire il tempo della vita rurale.

Altri documenti dello stesso periodo si riferiscono spesso alla compravendita di maiali e da atti del 1231, custoditi presso l’Archivio di Stato di Cremona, viene confermato un certo commercio tra il territorio cremonese e gli stati confinanti.

Il ‘500

La nascita del salame nel territorio cremonese viene accertata nel 1583 dal Notaio Ludovico Cavitelli nei suoi ‘Annales’, in cui si riporta che

alcuni cremonesi, […] escogitarono e prepararono per lauto cibo degli uomini un tipo di salsiccia di carne suina o bovina, tagliata a pezzettini, macinata e mescolata a polvere di pepe o zenzero, cinnamono, cannella e altri aromi e infilata negli intestini degli animali e legata e subito cotta al fuoco in acqua oppure arrostita, imbandita sulle mense e mangiata dai convitati.

l salame cremonese veniva appunto chiamato ‘salsicciotto’, perché poteva essere gustato sia fresco, sia bollito arrostito.

La presenza diffusa del salame sul territorio cremonese è confermata da alcuni documenti redatti in occasione della visita del Vescovo Cesare Speciano ai monasteri femminili cremonesi (1599-1606), in cui si attesta che, ad esclusione dei giorni di ‘magro’, veniva distribuita anche carne di maiale, tra cui salame. Si può quindi presumere che questo prodotto fosse senz’altro presente anche sulle tavole di gran parte della popolazione.

Altri documenti ufficiali del XVI secolo confermano che il salame di Cremona era conosciuto al di fuori del territorio cremonese come il torrone – considerato già al tempo come il simbolo culinario della città – e che era diffuso e apprezzato per il suo gusto e la sua rinomanza dai signori e dai nobili dell’epoca.

L’800

In periodo rinascimentale, in un testo del 1853 (Robolotti, Cremona e sua provincia) si legge:

voglionsi i Cremonesi inventori delle varie specie di salami; certo riescono di squisita bontà e di largo smercio. Si confezionano coi maiali introdotti dall’Oltrepò, nella sola città si macellano 1600 di questi e 2500 almeno di nostrali delle famiglie coloniche.

Infine, nel 1888, nella relazione del Ministero dell’Agricoltura e Commercio sulle condizioni industriali della provincia di Cremona, si sottolinea l’importanza dell’industria dei salumi, ricordando la presenza, nel solo comune di Cremona, di 29 “fabbriche” che lavorano la carne suina.